SUBMARINE

Che differenza esiste tra la visione e la percezione della realtà? Se l'atto del vedere è la rappresentazione del reale, quello della percezione è strettamente legato al rendersi conto di una sensazione, l'avvertimento della realtà esterna. Su questa sottile differenza lavora, nel suo nuovo ciclo di fotografie, Marina Giannobi. Trasforma la visione della realtà in percezione della stessa. Col suo obiettivo riprende il mondo che ci circonda - dalle persone alle loro azioni, dagli oggetti quotidiani agli interni familiari - visti come se fossimo sott'acqua. Queste sagome stilizzate, di forte eleganza e compostezza formale, ci catapultano in una nuova dimensione che non sembra quasi far parte del reale in senso stretto, piuttosto in un ovattato territorio della memoria, una visione sospesa d'impossibile collocazione temporale quanto di definizione fisica: i contorni sono sfumati, i colori quasi indefiniti, le presenze accennate, i movimenti rallentati.Quasi paradossale, se si pensa al mezzo con cui l'artista ferma le immagini: proprio quell'obiettivo fotografico nato per fissare e riprodurre, in maniera nitida, il passato. Tanto più precisamente quanto più sarà veritiero il nostro ricordo dell'emozione trascorsa. Ma il gioco dei contrari non si ferma qui. Da una foto ci si aspetta di riconoscerne i protagonisti, di rivedere le loro smorfie, i sorrisi, le espressioni. Chi sono gli abitanti di questo mondo parallelo? Amici? Familiari? Semplici conoscenti? Impossibile a dirsi. Da queste sagome, a fatica si riconoscono gli uomini dalle donne. Ciò che conta, per Marina Giannobi, è la presenza, la percezione della vicinanza fisica. Non solo, con questi scatti dà un colpo di spugna a tutta quella, vastissima e alla moda, ricerca fotografica che ha un atteggiamento, in un certo senso psicologista. In Submarine non c'è nessun ruolo sociale dei ritratti, nessun'indagine alla ricerca dell'intimo e dei pensieri, nessuna valenza generazionale del corpo e della sua esteriorità (niente vestiti, né accessori o pettinature a sottolineare l'omologazione della moda e della società dei consumi che ci vuole tutti uguali). Al punto che la dimensione temporale risulta, come si diceva, assolutamente bloccata in un attimo indefinito. E così facendo l'artista frantuma la struttura della fotografia tradizionale che ha connaturata nel suo essere la consapevolezza dell'inesorabilità del tempo che trascorre.