REALITY BITES

L'opera fotografica di Marina Giannobi richiama tre significati: Estetico, Indeterministico, Cognitivo.

Di fronte alla sua fotografia notiamo dei personaggi sfumati che sembrano compiere azioni qualsiasi in luoghi non definiti. Tuttavia, osservando meglio l'immagine, in contrapposizione a questa apparente confusione si avverte la presenza di un ordine nascosto. Durante un qualsiasi processo visivo l’individuazione di un dettaglio nitido è spesso ostacolato dall’impegno della mente su altri pensieri o sul sé; della moltitudine di figure che distrattamente vediamo, non ne ricordiamo i dettagli e le curve precise. Forse, similmente all’obiettivo di Giannobi, non ricordiamo e non assimiliamo pienamente le informazioni di una immagine. Ma le sue immagini superano questo stile offuscato; al carattere sfuggente, percepito nel primo approccio, si sostituisce la comprensione di una forma ordinata, di geometrie regolari. Si possono così individuare nelle sue foto delle simmetrie composte dalle disposizione di volti e dalle linee tracciate nel vuoto dai corpi in movimento. In questa fase del processo visivo l’immagine mostra la sua complessità; la comprensione di un ordine estetico ci abbandona per portarci alla ricerca di una nuova percezione. Queste oscillazioni di comprensioni dell'opera, dallo sfuggente al preciso e viceversa, testimoniano una estetica che si fonda su una coscienza percettiva.

Viviamo in un unico stato composto da molte entità tra loro correlate che, scambiandosi interazioni complesse e non controllabili, danno origine allo stato delle cose e delle entità. Attraverso la sua fotografia l'autrice tenta di trasmettere questa “danza cosmica” ed evidenzia gli imprevedibili effetti del momento della decisione dello scatto fotografico; minore è l’attenzione all’atto dello scatto, maggiore è l'indeterminazione dell'immagine ottenuta, quasi come una metafora dei principi di indeterminazione delle teorie quantistiche in fisica.

Il suo lavoro fotografico sembra dimostrare quanto sia indistinguibile il risultato della produzione di immagini strappate dalla realtà che ci circonda rispetto a quelle elaborate da uno sviluppo più interiore e fantasioso. Ricordando che l'attività del pensiero ha una natura parallela, dove, al modo di minuscoli esploratori, molti sottoprocessi compiono piccoli eventi cognitivi indipendenti, il concepimento dell'opera è il risultato di una evoluzione cognitiva di fondo che lavora quasi all’insaputa dell’autore. La sua foto si realizza quando, nel momento dello scatto, l’elaborazione istantanea cognitiva risulta allineata alla percezione della realtà esterna. Giannobi non è quindi impegnata direttamente alla realizzazione dell'immagine, ma utilizza i processi cognitivi e visivi che, non fermandosi mai, possono fissare una immagine colta dalla pluralità di forme che si presentano intorno a noi. Pertanto, il suo approccio alla fotografia non considera una attiva intenzionalità nei processi di evoluzione creativa.